Relazione storica sull'insediamento fortificato di Monte Lagello

Il castello di Monte Lagello e ubicato su un'altura a poco più di un km chilometro e mezzo ad est del fiume Nestore e a circa due da quello che doveva essere il confine settentrionale del contado medievale di Orvieto.  
Nonostante le ridotte dimensioni dell'insediamento, esso mostra di possedere una storia sicuramente notevole.
Lungo la strada che conduce a Migliano, sulla destra, si trova la deviazione per Monte Lagello. Dopo aver toccato il fondo della piccola valle nella quale scorre il torrente Rigo, risaliamo percorrendo una strada biancheggiante che a gomiti e giravolte conduce al castello. Di tutti i luoghi del marscianese questo è il più struggente e il più solitario.
Era questo un castello di frontiera del territorio perugino e notizie antichissime ci giungono dalle sue chiese.
Di una chiesa "De Agilione" si ha notizia già nel 1027 in un diploma di Corrado II con il quale l'imperatore riceve sotto la sua tutela il monastero benedettino di san Pietro di Perugina conferendo ad esso le proprietà di cui disponeva, compare nel contado perugino, oltre ad atre un chiesa ubicata “in fundo Agello”.

San Pietro di Monte Lagello: una chiesa ricca in un insediamento di piccole dimensioni.

Nel secolo XIII monte Lagello, si presenta come un insediamento di dimensioni abbastanza limitate, tanto che, nel 1282, vi si contano 11 fuochi, per una popolazione tra 45 e 55 unità.
Nell'impositio bladi del 1260, un'imposta straordinaria varata dal consiglio cittadino di Perugina allo scopo di approvvigionare la città colpita da carestia, questa comunità viene tassata per 30 corbe grano, risultando una delle sette del contado di Porta Eburnea che dovevano a Perugina un quantitativo di grano, inferiore alle 50 corbe.
Nonostante ciò, l'economia dell'insediamento non sembra essere delle peggiori, anche se non è certo una delle più fiorenti. Infatti, ipotizzando un numero di fuochi invariato tra il 1260 e il 1282, in tutto il settore di contado pertinente a Porta Eburnea, Monte Lagello ha un rapporto di tassazione di quasi 3 corbe di grano per fuoco, mentre nella maggioranza dei casi il rapporto è poco più di 2 corbe.
La chiesa di san Pietro di Monte Lagello, tassata per 50 corbe di grano, appare, dopo quella di San Apollinare e della Pieve di Monte Vibiano tassate per 200 e per 60 corbe, una delle più ricche del contado di Porta Eburnea, insieme a San Biagio della Valle e a San Nicola di Spina.
L'importanza e il prestigio di cui doveva godere la chiesa di San Pietro di Monte Lagello possono essere senz'altro sottolineati alla luce di coloro che vi agirono in qualità di rettori negli anni trenta del secolo XIV. Nel 1331 è rettore di essa un membro della nobile famiglia perugina Coppoli, Grigiolo di Vannolo di Ugolino Coppoli che, nel 1310, era stato "uno dei tre candidati al governo del monastero di San Pietro. Costui l'11 maggio 1332 rinunciava alla carica priorale proveniente da Nicola di Puccio al quale, neanche un mese dopo, il 1 giugno, succedeva il Conte di Vegnatolo dei nobili di Monte Nero che già, in precedenza, era stato priore di San Silvestro della Morcella.

Da "Villa" a "Castrum"

Nell'ultimo scorcio del secolo XIV in Monte Lagello doveva trovarsi una "fortlitium", una rocca o, comunque, un edificio con prerogative difensive. Ciò è testimoniato da quanto riportato in un verbale del consiglio dei priori della città di Perugia del 25 ottobre 1394. Visto che Biordo Michelotti aveva recuperato alla città i castelli di Monte Vibiano e Migliano e il "fortilitium Montelagelli", già occupati da ribelli perugini, il consiglio cittadino decise l'elezione di dieci "boni homines" che, insieme a tre officiali “super conseriationem libertatis civitatis Perusii”.

Monte Lagello nei secoli XVI - XVIII

La situazione demografica dell'insediamento non dovette mutare di molto nell'età moderna. Nel 1698 si contano in esso 70 anime, di cui 50 da comunione; nel 1740 la popolazione della parrocchia era scesa a 50 anime, di cui 40 da comunione, per risalire a 70 nel 1749, con 45 di esse già comunicate, ridiscendendo nel 1754 a 60, di cui 40 già comunicate, e nel 1763 a 57 con 40 anime comunicate.
Sebbene formata da un numero ristretto di individui, la comunità di Monte Lagello aveva comunque dei problemi che riguardavano la regolamentazione dei rapporti interni cui far fronte. In questo senso suona la richiesta fatta ai priori della città di approvare quanto la comunità aveva stabilito nell'assemblea pubblica, avutasi il 28 gennaio 1575, circa la non opportunità di tenere capre nel territorio di Monte Lagello a causa dei danni che esse procuravano alle colture. Il 1 marzo 1577 il consiglio dei priori di Perugia all'unanimità ratificava la decisione assembleare. Appare abbastanza evidente, entrando nel merito della decisione assembleare, la scelta di indirizzare definitivamente l'economia della comunità nel settore agricolo, vietando la pastorizia che mal si doveva accompagnare alla lavorazione dei campi.
Il 24 maggio 1749 l'abate del monastero perugino, durante una visita, rilevava come la chiesa versasse in pessime condizioni e abbisognasse di restauro. Di lì a poco dovettero cominciare i lavori di restauro tanto che, nel maggio 1753, si riportavano, nei libri contabili del monastero cittadino, alcune spese sostenute per le riparazioni occorse alla chiesa "Scudi 2 e denari 5 per un confessionale nuovo, Scudi 10 per mattoni, calce e pianelle servite per la chiesa di Monte Lagello, Scudi 29 dati a Mastro Domenico, muratore, che ha preso a cottimo li risarcimenti di detta chiesa".

Cenni di storia civile

Mons Agellionis e chiamato dal Campano questo castello, il quale per la sua posizione costituiva una vera e propria fortezza. Come abbiamo visto nei cenni storici di Migliano e di Monte Vibiano, anche Monte Lagello era caduto fra il 1394 e il 1395 in mano dei nobili fuorusciti, e quando la città potè, per mezzo di Biordo Michelotti, recuperare questi tre castelli, fu stabilito sul conto di questo « o che si scaricasse affatto, o che molto più forte et gagliardo si rifacesse ». Il fatto che tuttora, benchè da lunghissimo tempo disabitato, il castello conservi notevoli avanzi di solide mura e bastioni, ci dimostra che a questo secondo divisamento si fosse allora appigliata la città. Signori di questo castello furono i Vincioli, nobili perugini, i quali, specialmente negli Atti pubblici, erano sempre chiamati ex Nobilibus de Monte l'Agello. Nel secolo XVIII ne erano i padroni i marchesi Rossi Leoni di Perugia,......... della famiglia Sereni, e della famiglia Antonelli.
Dal 1985 l'antico Borgo che pareva dormire per sempre, sotto il crudele incalzare di un degrado inarrestabile, in attesa che il tempo lo cancellasse abbattendo le torri, le mura, le antiche case, pietra dopo pietra, fra l'avanzare devastante e insieme pietoso dell'edera, usuale sudario di tutte le rovine……, si dava inizio al restauro conservativo con otto anni di lavoro intenso e appassionato. È il filo ideale che unisce ciò che ebbe origine all'inizio del secondo millennio per le difesa fisica delle popolazioni circostanti, all'inizio del terzo millennio, recuperando quei sapienti volumi destinandoli a presidio in difesa dello spirito, come luogo ideale per meditare, per ricaricarsi di energie, per liberarsi dallo stress quotidiano.
I riconoscimenti ufficiali per il restauro conservativo:
1992 - 1° Premio “Tuteliamo l'Ambiente” della Conservation Foundation di Londra;
1993 - 1° Premio “Europa Nostra Award” by American Express Foudation;
1994 - 1° Premio “ Concorso Edifici Storici Recuperati a Funzione Turistica”

Monte Lagello

Il suo nome è legato ai natali di Pietro Vincioli, fondatore o riformatore del monastero di San Pietro, di poco anteriore al mille. Sembra che Pietro fosse partito da Monte Lagello per chiedere al vescovo di Perugia, Onesto, l'abbandonata cattedrale per i suoi monaci.
Vogliamo sottolineare il carattere fondamentalmente benedettino di queste terre. Oltre alla testimonianza di Monte Lagello (con la testimonianza dei natali di Pietro Vincioli) e di S. Apollinare, citiamo quella di Pietrafitta, famosa fin dal Medioevo per la Fiera dei sette frati. Fino a qualche anno fà si faceva riferimento a questa fiera (nonché a quella di S. Nicolò di Celle e di Marsciano) per fissare il prezzo dei bestiame. Ma Pietrafitta (a pochi chilometri da S. Apollinare e da Monte Lagello) oltre che per la fiera era conosciuta per il monastero di S. Benedetto, il quale, già nel 1099, venne donato da un tale Alberico di Guidone conte del Casentino all'eremo di Camaldoli. Questo antico monastero conserva ancora l'abside di stile romanico e la cripta da poco riportata alla luce.

Dott. Givanni RIGANELLI